Il punto e l’infinito – 4 aprile 2025

Le Fraternità di Gorizia e Gradisca con Giovanni Scifoni

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Uscendo oggi, in Piazza Vittoria per la pausa pranzo, mi sono imbattuto o, meglio, sono stato intercettato da due ragazzi americani della Chiesa Avventista del 7°giorno, da me sempre conosciuti, non me ne vogliano, come mormoni. Tenuta un po’ diversa da quella che ricordavo dall’ultimo incontro in Corso Italia – praticamente una vita fa – ma sempre e comunque inconfondibili. Tra una loro proposta di andare al loro rito per Pasqua ed io che – professandomi cattolico – ribattevo che sarei andato alla messa della vigilia, siamo giunti alla mia affermazione di essere un francescano. “Conoscete, vero, San Francesco d’Assisi” chiedo loro? “Ma… veramente no…siamo arrivati qui da poco”. Io tra l’incredulo e lo stupito facevo presente che si tratta di un Santo vissuto tra 1100 e 1200. E’ vero che l’America non era ancora stata scoperta, però…

A quel punto mi è tornato alla mente lo spettacolo su San Francesco di Giovanni Scifoni “Fra” del 4 aprile scorso quando, all’inizio della rappresentazione l’incipit era stato più o meno “Chi è quel Santo che se fermate uno per strada, verrà sicuramente nominato? San Francesco…ops…forse per tutti ma non per i nostri buoni, volonterosi e simpatici mormoni.

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Giovanni Scifoni, come Fraternità, prima e dopo lo spettacolo e lui si è prestato molto volentieri. Ci ha fatto anche conoscere, si  può ben dire, al grande pubblico. Infatti, alla presenza di tutti gli spettatori, dal palco del teatro alla fine della rappresentazione, ci ha salutati ed in particolare la nostra Ministra presa, bonariamente “in giro” per la sua caparbietà in quanto, pur non riuscendo a percepire buona parte dei suoni, aveva assistito, indefessamente, per la dodicesima volta (battuta) alla piece.

Giovanni, nomen omen come dicevano gli antichi, ovvero battezzato con l’originale nome che era stato dato a Francesco, si può ben dire che è uno di noi. Se mi è concesso il paragone ardito: se San Francesco era detto l’alter Christus, allora Giovanni da Roma potrebbe essere l’alter Francesco (in teatro)…Amen! come è risuonato in sala dopo un…nei secoli dei secoli. Nel frangente Scifoni mi ha guardato dal palco e io gli ho fatto cenno di rivolgersi alla mia sinistra…zona Pina da Mercato San Severino!

Il Francesco convertitosi da anima ed animatore delle feste a giullare di Dio traspare, nella sua parabola, fra le ombre che Giovanni dipinge sul palco. Dalle note musicali, alle quali danno vita strumenti in voga all’epoca del nostro Santo, ai colori, luci, movimenti e parole emergono molti dei tratti caratterizzanti Francesco ed il movimento che stava nascendo. Uno spettacolo ideato e realizzato anche grazie all’impegnativo lavoro di ricerca e confronto con gli agiografi. A mio modesto parere anche Francesco avrebbe gradito una rappresentazione di questo genere dove scene e battute esilaranti si alternano a momenti drammatici (nell’accezione del termine dell’”agire che definisce”…D’Avenia docet !). La tristezza, come ammaestrava l’assisiate, va rifuggita, ma con Francesco – Fra si ride perché ci si sente amati, e quindi non sono risate che lasciano il tempo che trovano, che al loro ritrarsi  depositano un velo di amarezza e senso di colpa.

Significativo il volto di Cristo dipinto dall’attore, rappresentazione di ciò che i “fratelli” di Francesco avrebbero voluto traslare in quello del loro fondatore ma che viene strappato dal medesimo. Illuminante l’immagine finale di un Cristo con le orecchie a sventola di Francesco e con il naso – non esattamente alla francese – di fra Ruffino.

Francesco emerge con il suo tratto di uomo tanto esigente con se stesso e a volte con i suoi confratelli, ma al tempo stesso dolce e premuroso con gli altri.

Un fantasmagorico spettacolo, intessuto di momenti di ilarità traboccante generata da buffi anacronismi, paradossi esilaranti ed iperboli riflettenti situazioni di allora e di ora. Questo mosaico di situazioni, questo intreccio di scene che Scifoni – come un esperto lavoratore di un telaio – accosta tra orditi di episodi storici e trame di contestualizzazioni odierne. Tutto ciò, accompagnato dalla musica e dai canti, immerge lo spettatore in un incontro francescano dove, però, non vengono nascoste le crisi, le difficoltà ed i contrasti che ha dovuto affrontare Francesco ed il nascente Ordine.


Giovanni Scifoni è un uomo ed un interprete vocato per rappresentare Francesco e con il suo fare, la sua mimica ed il suo volto giullareschi ha impersonato in modo rimarchevole il nostro Santo, tanto che l’attore stesso, ad un certo punto dello spettacolo, è uscito con l’affermazione “Guardate che io non sono San Francesco!”.

Ritengo che spettacoli del genere possano contribuire ad avvicinare i “lontani” – ma in ricerca – ai valori trasmessi dall’Assisiate.

Durante la rappresentazione, raccontando l’esperienza della Prima Comunione del figlio, Scifoni è arrivato a parlare della “contrapposizione” di due squadre : i credenti e coloro che non hanno il dono della fede. La prima conta uno sparuto numero di elementi, mentre la seconda può schierare un numero “sterminato” di artisti noti ed arcinoti, ovvero un punto ed un infinito. In una normale partita non ci sarebbe storia, in un confronto l’esito non sarebbe in dubbio…semplicemente non sarebbe!
Ma, c’è un ma…

Come le storie più belle, quelle più avvincenti  il racconto non è una costante lineare, ma è sempre presente un punto di rottura, un colpo di scena. Può un universo interno ed infinito concentrarsi in un unico punto? Gli scienziati affermano di sì, è il big bang.

Per noi il punto generante l’infinito è un cuore pulsante d’amore e trafitto da una lancia. E’ il cuore di Gesù il quale dalla ferita, oltre al sangue, fa sgorgare la sorgente del perdono, della misericordia e dell’amore che può incendiare anche un’anima gelida e compatta come il ghiaccio più duro. Basta da parte nostra poco e tanto…seguire Francesco. Una ricetta facile fatta da pochi ingredienti ma reperibili solo se ci facciamo semplici, umili, ricettivi, caritatevoli e fraterni come nostro fratello Francesco.

Grazie Giovanni e buona Pasqua!

Paolo Tavano, Fraternità di Gorizia