Capitolo Spirituale di inizio anno 20/10/2024
«È iniziato il nuovo anno fraterno», di Umberto Coassin
«Pellegrini di speranza per un amore che serve», di Silvia, OFS Gorizia»
È iniziato il nuovo anno fraterno
È iniziato domenica 20 ottobre, con un’accoglienza dolce (biscotti, torte e caffè), il nuovo anno della nostra Fraternità Ofs regionale. Seguita dalla Santa Messa nella vicina chiesetta delle Suore francescane – Convitto S. Cuore.
P. Marco, concelebrante P. Luigi: “iniziamo il nostro cammino con un tono spirituale: la celebrazione eucaristica. E, nell’omelia: “il Signore ci chiama per nome. Ascolta e risponde. Che cosa chiediamo al Signore? C’è qualcosa che stiamo domandando per rafforzare la nostra fede”? Poi, nel Centro di spiritualità San Francesco, la sorella e ministra regionale Carlotta Fonda, dopo la preghiera del Giubileo, ha sottolineato che “questo Capitolo Spirituale si ispira alla speranza”. Infatti il titolo: “Pellegrini di speranza per un amore che serve”. Ancora la ministra: “la speranza per me è una scoperta, non una riscoperta. La speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo. La stessa Chiesa per l’anno giubilare sceglie la speranza. Che non è ottimismo, non è una generica affermazione che alla fine andrà tutto per il meglio. E’, piuttosto, movimento continuo verso il Nuovo e in questo è sempre rivoluzionaria. Vero antidoto, anche, contro la paura”. Facciamo, allora, fratelli e sorelle, la scelta della Speranza cristiana e diventiamo insieme Pellegrini di Speranza.”
E’ toccato quindi agli Assistenti. P. Luigi, richiamando il tema Pellegrini di Speranza: “dal punto teologico il pellegrinaggio è un disegno di Dio. Richiama l’esodo. Quarant’anni di cammino e le grandi feste ebraiche. Pasqua: inizio dell’esodo; Pentecoste: il pellegrinaggio; i Tabernacoli: ingresso nella Terra Promessa. Il pellegrinaggio religioso-cristiano implica una nostalgia. La nostalgia di infinito e di trascendenza. La nostalgia di Dio.
P. Marco: “noi Signore possiamo rivolgerci a Te perché abbiamo un fratello e una sorella accanto. La pretesa uccide la speranza. E’ importante, così, domandare al Signore solo le cose che servono per la nostra vita spirituale. Fermiamoci ad ascoltare il Signore, chiedendoGli dove sei? Sarà Lui a educare la mia domanda e a purificarla. Importante, inoltre, la logica del servizio e, se vogliamo servire il Signore, dobbiamo seguirlo”.
Attesa e vissuta l’Adorazione Eucaristica che è seguita alle relazioni.
Il “pranzo condiviso”, dopo l’Adorazione, è stato come sempre un bel momento di convivialità e di socialità.
Nel pomeriggio, ritorno in assemblea e lancio delle attività annuali, con la presentazione e illustrazione del Calendario Annuario 2024-2025 e una riflessione su “Il senso nell’assurdo” di Monica Bendotti, responsabile della formazione. Meditazione che ha toccato i temi dell’Ascolto, dell’Obbedienza, dell’Accoglienza e del Dono/Perdono che implica il superamento delle logiche del conflitto che diventa ostilità.
Benedizione e commiato finale hanno chiuso la giornata di spiritualità nel segno di S. Francesco.
Umberto Coassin
Pellegrini di speranza per un amore che serve
Come ogni lunedì, anche questa settimana inizia con la nuotata in piscina. Quando arrivo è ancora buio, la vasca è ancora vuota. Di persone, non di acqua. C’è qualcosa, nella vasca vuota di una piscina che mi fa stare bene come il mare quando è calmo. Faccio le mie 84 vasche che poi sono 7 decine…chi mi conosce lo sa. Da poco ho scoperto che il Rosario Francescano è composto da 7 decine: quindi no, non è per quello che nuoto per 70 persone per cui pregare più il Padre e il Gloria ogni 10. Quando finisco, tolgo gli occhialini e la cuffia, i pensieri che sono andati più veloci di me. Entro nella doccia e mi chiedo se l’acqua oltre a lavare via il cloro, sciacqui anche l’anima. Non credo: non riesco a farmi bastare la preghiera per quelle 70 persone. E neanche per le altre per cui ho appena cominciato l’ottava decina. Ma non riesco neanche a quantificare “qualche” come misura delle opere buone in cui i servi di Dio debbano insistere. Ci sto meditando dal giorno prima, Capitolo spirituale di inizio anno. Vorrei che ad ogni preghiera, Qualcuno mi rispondesse visto che siamo in relazione.
Vorrei, per ogni persona, un granello di bene da fare non da snocciolare soltanto.
Vorrei che il card. Suenens mi spiegasse come si conciliano le parole “speranza” e “dovere”. Se la speranza è una virtù teologale, non può essere un dovere. Non è nemmeno il premio riservato a chi si è sforzato di sperare. La speranza, per me, è una forza che ci è stata donata con il Battesimo. Vado a cercare l’etimologia di dovere; non avevo questi problemi fino a quando non ho conosciuto Alessandro (sì…D’Avenia, sempre lui!). In latino: debere, de e habēre: possedere qualcosa avendolo avuto da altri. Quindi…dovere: essere obbligato alla restituzione. Può, un cristiano, essere “obbligato” a fare qualcosa, fosse anche restituire un dono ricevuto da Dio? Non è questa l’idea di un Padre, non la mia almeno. Se non ami il fratello che vedi, come puoi amare Dio che non vedi? Eppure è più facile amare un ideale, il reale mica gli corrisponde! Quindi se di Dio abbiamo un’immagine buona, come si fa a non amarlo? A quell’immagine ci aggrappiamo soprattutto quando il fratello non è altrettanto amabile! E confidiamo in Lui nella misura in cui di Lui abbiamo fatto esperienza. Solo chi si sente amato, può amare come Lui ci ama? Non lo so. Ci sono punti che stanno diventando domande. E se nella stessa domanda cambiassimo virtù? Se non confidi nell’uomo che conosci, come invita il salmo, puoi sperare in Dio che non conosci? Anche qua la risposta mi sembra altrettanto semplice: se di Dio sappiamo che è altissimo, onnipotente e buono in Lui, certo, possiamo sperare. Ma nell’uomo che, per sua natura, è fallibile, imperfetto e limitato? Johnny Dotti direbbe che bisogna scommettere sul mistero che l’altro è e che non si è ancora rivelato. Grande. Ma anche il proposito a cui ci ha esortato con tanto fervore in piazza Maggiore a Bologna, due anni fa, è grande! Troppo grande per noi? Non so. Quante certezze che diventano dubbi!
Mi sto forse impedendo di accogliere la potente energia?
E se, accogliendola, mi accorgessi di essere gioia?
E se non mi definissi nè gioia, nè inquietudine, nè potente?
Se, semplicemente, mi lasciassi fluire?
Talmente semplice da sembrare assurdo!
Lasciamoci stupire e vedremo la meraviglia ovunque.
(Inquietudine – Deborah Nave)
Può il disordine di questi miei pensieri trovare posto in un Ordine?
Posso lasciarmi fluire liberamente solo nello spazio di certi limiti?
Posso trovare pace dentro e fuori di me se tutto, in me, chiede salvezza?
Le ultime parole sono il titolo di una serie Netflix e, prima ancora, di un libro.
Daniele Mencarelli, l’autore della storia della sua vita, scrive: “Oggi è l’enormità della vita a dare fastidio, il miracolo dell’unicità dell’individuo. La scienza, il mondo, vorrebbero contenere, catalogare. Un uomo che s’interroga sulla vita non è produttivo, magari inizia a sospettare che l’ultimo paio di scarpe alla moda che tanto desidera non gli toglierà quel malessere, quell’insoddisfazione che lo scava da dentro. Un uomo che contempla i limiti della propria esistenza non è malato, è semplicemente vivo.
Semmai è da pazzi pensare che un uomo non debba mai andare in crisi!”
Guardo la mia conchiglia con il TAU. Chissà se, avvicinandoci l’orecchio, sentirò le risposte alle mie tante domande! Sorrido. Un sorriso malinconico. Poi mi alzo. Anche quella sedia su cui sono rimasta seduta domenica rimane vuota, come lo sarà tra poco quella su cui sono seduta ora. E mi metto in cammino. Ancora una domanda: dove andrò, Signore?
Silvia Scialandrone, Fraternità di Gorizia
Fraternità Regionale del Friuli-Venezia Giulia “Beato Odorico da Pordenone” 2024 – © RIPRODUZIONE RISERVATA