Al Festival Francescano a Bologna 27-29/09/2024
Guarda le foto e il sito del Festival Francescano!
Il volo di un colombo che prima plana leggermente e poi, d’un tratto, si impenna verso il cielo, porta il mio sguardo a soffermarsi sull’immensità di una cupola color di azzurro intenso, compatto. Le note dello spot sul grande schermo davanti a me si fondono con il vociare della moltitudine di persone che in questo momento affollano la piazza grande, la stessa che un poeta bolognese richiama in una celebre canzone. Che strano! Quest’immagine, così semplice, di un uccello che solca l’azzurro del cielo, mi si ripropone in un luogo e in un contesto completamente diverso, ma il pensiero che ne deriva è esattamente lo stesso: ho troppo poco tempo per vivere in maniera scialba questi giorni che a ho a disposizione, rincorrendo delle immagini falsamente colorate, come le foto scattate con i telefoni mobili. Fotocamere tarate per far sembrare gli scatti più accattivanti e riuscire a portare sui social un tocco di magia in più.
In questi giorni, con alcuni fratelli della Fraternità Regionale del FVG, partecipiamo al Festival Francescano che ogni anno si tiene a Bologna a fine settembre. È un appuntamento con il mondo francescano tutto, un insieme di amici che si ritrovano, di testimonianze, di incontri con persone nuove, di momenti di riflessione e di stimoli. Parecchi sono gli appuntamenti a cui partecipiamo, ed è difficile sintetizzare e raccontare ciò che si può vivere in un week end in Piazza Maggiore.
Difficile riuscire a riportare la testimonianza di un giovane prete che, nella Milano da bene propone “la nostalgia di una vita migliore” (cit. don Alberto Ravagnani) a chi è addestrato alla competitività e al massimo rendimento possibile, e poi la sera si bulleggia con uno spritz in mano atteggiandosi come un grande attore hollywoodiano per nascondere a se stesso che in realtà non è felice, e il “don” lo fa utilizzando anche strumenti inusuali per la Chiesa, come sono i social, nelle forme più usate dai ragazzi.
Difficile descrivere l’emozione di un frate di origini bergamasche (fra Marcello Longhi OfmCapp) che si infervora pensando alle critiche per la sua mensa dei poveri dove accoglie più di mille persone ogni giorno offrendo ciò che la nostra civiltà ha deciso di immolare sull’altare del dio denaro e ammantare il tutto con l’ipocrisia di chi pensa di non sbagliare mai. Come si può raccontare la testimonianza, che poi rappresenta migliaia di persone, di chi ha dato sapore alla sua esistenza e costantemente viene denigrato, attaccato e deriso da chi invece la sua esistenza ha deciso di annacquarla come uno spritz venuto male?
Come si può trasmettere, oltre al messaggio, l’intensità che un cantante (Simone Cristicchi) ed un prete (don Luigi Verdi, fondatore della Fraternità di Romena) hanno cercato di trasmettere raccontando le vite di tutti coloro che delle proprie ferite, debolezze ed imperfezioni hanno deciso che possono essere invece il punto di partenza invece che di fine? Che poi sono le fatiche di tutti noi che non vogliamo nascondere a noi stessi la nostra fragilità di uomini.
Come si fa ad esprimere quello che un uomo di Chiesa (il card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme), in una terra perennemente martoriata da guerre, può raccontare sulla sua esperienza – non i fatti di cronaca, ma gli sguardi e i gesti delle persone che per sfortuna sono nate nel posto sbagliato? Di come ci sia un tempo per parlare ed un tempo per tacere e di dichiarare, senza badare al politicamente corretto, che l’uomo è sia buono che cattivo? Negare ciò è negare la natura dell’uomo e nascondere un tratto che invece di essere capito e “gestito”, viene aizzato del manovratore di turno.
Come descrivere la bellezza per il fatto che due cantanti – “due voci speciali in rappresentanza di due popoli in guerra” – provenienti dalla Terra Santa, riescono a parlare sul palco esponendosi a facili attacchi da chi crede che la contrapposizione violenta sia l’unica soluzione? Il canto e la musica a volte possono descrivere meglio ciò che abita all’interno di ogniuno di noi ed è per questo che l’arte è dentro l’uomo, una voce per descrivere l’indescrivibile.
Oppure, come posso riportare su questa pagina la leggerezza di un parroco (don Giovanni Berti, in arte Gioba) che racconta il Vangelo con delle vignette che ci portano la Parola più vicina con un pizzico di fantasia e ilarità, senza perdere di vista il messaggio fondante?
Tutte queste cose che non riesco a riportare sono il Festival, ma anche e soprattutto il messaggio che sanare le ferite proprie e comprendere quelle degli altri vuol dire riuscire a vedere oltre e innamorarsi della vita tanto da riuscire a dire: “Non sono belle le labbra di una donna, ma è bello il suo sorriso. Non sono belli gli occhi di un uomo, ma è bello il suo sguardo.” (cit. Massimo Recalcati).
Ed ora, con gli occhi pieni di sguardi e sorrisi, possiamo tornare lieti alla nostre case cercando di far tesoro di questo bene e di portarlo anche a Gorizia, perché: “A Gorizia si va! Non si passa!” (cit. Cardinal Pierbattista Pizzaballa).
È doveroso ringraziare tutti coloro che si sono adoperati per la riuscita di questo evento, tutti i volontari che lavorano e tutta la macchina organizzativa che riesce a mettere in piedi un evento di tale portata e la città di Bologna che ha il coraggio di ospitare questo Festival nella cornice più bella.
Luciano Bonavia, Fraternità di Gorizia
Fraternità Regionale del Friuli-Venezia Giulia “Beato Odorico da Pordenone” 2024 – © RIPRODUZIONE RISERVATA