Pellegrinaggio a Javorca (04/08/2019)
Questo è l’Isonzo.
E qui, meglio, mi sono riconosciuto una docile fibra dell’Universo.
(Giuseppe Ungaretti)
Il fiume Soča (Isonzo), in prossimità della confluenza con il fiume Idrijca (Idria), grazie alla diga artificiale di Doblar costruita in epoca fascista, si allarga fino a formare un lago d’incantevole bellezza: il lago di Most Na Soči (Ponte sull’Isonzo). Lì, superato il confine tra Italia e Slovenija, le fraternità “Concetta Bertoli” e “don Tonino Bello” arrivano, dopo aver partecipato insieme alla Santa Messa delle 10 nella Chiesa di Santa Maria Assunta di Gorizia. È domenica 4 agosto: sono passati solo due giorni da quando, per la prima volta, le Fraternità di Gorizia e Gradisca hanno celebrato, unite, il Perdon d’Assisi nella Chiesa dei Cappuccini; ma il desiderio di abitare le distanze va oltre agli impegni prettamente “istituzionali” a cui tener fede.
Sdraiarsi, a volte, sull’erba, in un giorno d’estate ascoltando il mormorio dell’acqua o guardare le nuvole fluttuare nel cielo, non è certo una perdita di tempo.
(John Lubbock)
È il tempo della cultura dell’incontro.
E, dopo aver parcheggiato le auto a Most na Soči, Santa Lucia d’Isonzo in italiano, i francescani isontini si ritrovano seduti attorno ad un tavolo in legno sulle sponde del lago all’ombra dei tigli e dei salici, per sorseggiare un aperitivo prima di imbarcarsi.
Il battello Ladja Lucija, costruito nello stile dei piroscafi che anticamente navigavano lungo il Mississippi, guidato dal capitano Dean, che nell’aspetto e nella divisa ricorda tanto Capitan Findus, arriva a nord fino alla confluenza dell’Isonzo con il fiume Tolminka e a sud fino alla diga idroelettrica di Porselo: una mini crociera della durata di due ore e mezza con tanto di pranzo a bordo. Al tavolo ministeriale prendono posto Raffaella e Morena, con i loro consorti Roberto e Renzo e l’erede della dinastia Komjanc, Mosè. Al tavolo secolare si trova di tutto di più, d’ogni età e d’ogni dove: Daniela, che per un giorno ha lasciato sia la sua seconda casa a Brazzano, dove torna ogni notte per dormire, sia la sua prima casa a Cormons, nella sede Caritas dove trascorre le sue giornate; Gledis, che con i suoi occhiali da sole un po’ retrò e il suo fascino senza tempo, conquista le attenzioni e il bacio dell’Ammiraglio; Mauro con sua mamma Rina che, insieme, confermano la regola – e non l’eccezione – secondo cui dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna; Monica, che dopo aver girato il Mondo ha trovato il suo posto nel Mondo e in questa grande famiglia, guida – sportiva e sicura – della carovana ed accompagnatrice – attenta e premurosa – delle nostre signore; Dante, che non si fa fermare da nessuna distanza e da nessun confine, partito da Vajont, suo paese natale, ha attraversato l’intero Friuli-Venezia Giulia per giungere a Javorca, meta finale di questa gita domenicale; Paolo, che ha, da poco, compiuto i primi passi di un nuovo cammino e già trasforma l’acqua in vino, travasandolo nelle bottiglie vuote dagli otri rimasti semi pieni, dimostrerà ben presto di saper compiere passi lunghi e veloci; infine Silvia, la Papessa. E non v’è altro da aggiungere sul suo conto.
Risalendo la Dolina Soče (Valle dell’Isonzo) ed oltrepassati i centri abitati di Tolmin e Zatolmin, si entra nella parte più meridionale del Parco Nazionale del Triglav, nella regione di Posocje. Lì, lungo il Pot Miru (Sentiero della Pace), sopra l’alveo del fiume Tolminka, si innalza un santuario in legno, la Chiesa commemorativa di Sv. Duh (Spirito Santo) a Javorca, dal 2007 Patrimonio Culturale Europeo. Costruito tra il 1° marzo ed il 1° novembre 1916, dai soldati austro-ungarici della 3° Brigata Alpina del 15° corpo militare, in ricordo dei caduti sul fronte dei Mrzli Vrh e Planina Sleme, montagne che sovrastano la vallata, è il più bel monumento della prima guerra mondiale, simbolo di appello alla riconciliazione e testimone della forza di unione del creare e costruire collettivamente in campo artistico. La struttura è stata realizzata sugli schemi del luogotenente Remigius Geyling, architetto, pittore e scenografo viennese, che fece dipingere e decorare gli interni in stile secessione con prevalenza di tinte blu e nere abbellite con ornamenti oro e bianchi. Sull’ingresso si innalza il campanile con una meridiana, lo stemma della monarchia e la scritta PAX (pace). All’esterno è decorata dagli stemmi delle 20 nazioni che costituivano l’Impero d’Austria e il Regno d’Ungheria, negli anni della Grande Guerra, mentre all’interno, lungo i muri, spicca il “libro dei morti”: tavole di quercia, ricavate dalle casse di munizioni, che simboleggiano le pagine di un libro dei ricordi con incisi a fuoco, secondo i principi della gerarchia militare, i 2.564 nomi dei soldati imperiali regi caduti nei campi di combattimento circostanti e sepolti nel cimitero militare di Loče. Dalla terrazza panoramica accanto alla Chiesa si apre un paesaggio sul maestoso Rdeči rob (Ciglione Rosso) e sull’affascinante versante montuoso di Tolmin-Kobarid.
La storia di questa chiesetta, raccontata dalla guida slovena, è Mosè a tramandarla in italiano al gruppo di pellegrini francescani con la stessa professionalità che lo caratterizza quando indossa i vestiti di cantiniere nell’Azienda di famiglia. Dopo aver suonato la campana, sulla terrazza panoramica, per siglare la presenza francescana in quel luogo e dopo aver lasciato alle spalle il promontorio roccioso, è tempo di tornare. Com’è difficile lasciarsi, dopo esser stati insieme, tra il verde smeraldo di un fiume e il verde trifoglio di un bosco, l’azzurro di un cielo d’estate e il cobalto di una Chiesetta di montagna! Così, mentre il sole scende su un giorno che continuerà a vivere nella memoria di ognuno dei pellegrini, superato lo storico ponte ferroviario di Solkan (Salcano), alle pendici del monte Sabotin (Sabotino), un gelato affogato nel caffè, seduti ai tavolini di un bar nella piazzetta del paese, rende più dolce il momento un po’ amaro dei saluti. Ma il tempo del desiderio non finisce con il sorgere della luna.
E come, davanti all’altare, tra i due angeli dipinti sui muri della Chiesa di Javorca, la preghiera al Padre s’è innalzata verso il Cielo nelle due lingue dei francescani secolari, così gli occhi s’alzano a scrutare la volta celeste per affidare alle stelle che cadono, il desiderio di essere sempre più fraternità, in tutte le lingue del Mondo.
I destini dell’uomo sono come fiumi, alcuni scorrono veloci, senza incertezza, lungo facili percorsi. Altri passano attraverso mille difficoltà ma arrivano ugualmente al mare. La meta finale è, per tutti, la stessa.
(Romano Battaglia)
Silvia, Fraternità di Gorizia
Fraternità Regionale del Friuli-Venezia Giulia “Beato Odorico da Pordenone” 2019 – © RIPRODUZIONE RISERVATA